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Azione revocatoria nel Fallimento: esenzioni?

Azione revocatoria nel Fallimento: esenzioni?

L’azione revocatoria è uno strumento utilizzabile dal curatore fallimentare allo scopo di ricostituire il patrimonio del fallito destinato alla soddisfazione dei suoi creditori, facendovi rientrare quanto ne era uscito nel periodo antecedente al fallimento (il c.d. periodo sospetto, recentemente dimezzato – da 1 anno a 6 mesi – dalla riforma delle procedure concorsuali): essa consente, infatti, di colpire gli atti del debitore insolvente che hanno inciso sul suo patrimonio in violazione del principio del trattamento paritario dei creditori.

Ciò premesso, è opportuno sottolineare come prima della riforma del 2005 la Legge fallimentare prevedesse espressamente l’esenzione da revocatoria per alcuni distinti soggetti (quali l’istituto di emissione, ovvero gli istituti autorizzati a compiere operazioni su pegno, oltre alle fattispecie previste da alcune leggi speciali).

Con la riforma, introduttiva del nuovo terzo comma dell’art. 67 l.f., vengono invece inserite nella legge le cd. esenzioni causali revocatorie, ossia una serie di esenzioni basate sulla considerazione oggettiva per cui l’atto che diminuisce il patrimonio sociale sia legittimo.

Tali esenzioni si possono distinguere in tre gruppi:

1) operazioni tese ad assicurare la prosecuzione dell’attività d’impresa;

2) quelle funzionali al superamento della crisi d’impresa;

3) quelle che al contrario riguardano la condizione soggettiva dell’esentato dall’azione revocatoria.

Spontanea sorge la seguente domanda: le succitate operazioni sono esentate solamente dalla revocatoria regolata dall’art. 67 l.f. o da tutte le azioni revocatorie (compresa quella ordinaria), esperibili durante il fallimento o al di fuori di una procedura concorsuale?

La soluzione interpretativa migliore punta sull’abbandono del dato letterale della norma e della ricerca di una soluzione unitaria alla questione dibattuta.

Ne consegue che sia preferibile affrontare il dibattito sulla base dei motivi e delle finalità per cui sono state introdotte le esenzioni, nonché sul loro grado di compatibilità con i singoli strumenti revocatori.

Deve pertanto concludersi che proprio ragioni di carattere sistematico, collegate alla ragion d’essere delle sanzioni, portino a far ritenere di gran lunga preferibile l’interpretazione secondo cui le esenzioni medesime si applichino tendenzialmente anche all’azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore, ai sensi dell’art. 66 l.f.

Ciò detto, l’attenzione mostrata dal legislatore, anche in relazione alle ultime novità normative dettate dal cd. Decreto Sviluppo in tema di concordato preventivo, al profilo della protezione della prosecuzione dell’attività d’impresa (quale bene-interesse primariamente garantito dalla legge fallimentare, anche a scapito del principio del trattamento paritario dei creditori che costituiva la loro principale fonte di tutela) fa sì che l’osservazione dell’interprete si concentri,  anche in detta materia,  sulle ipotesi di esenzione la cui funzione è proprio quella, secondo quanto sopra riferito, di proteggere e garantire la prosecuzione dell’attività d’impresa.

Circa i pagamenti nei termini d’uso, le questioni più interessanti affrontate dalla giurisprudenza “pratica” non riguardano tanto il profilo di riconducibilità dei pagamenti ricevuti dal convenuto in revocatoria nell’alveo della fornitura di beni o servizi funzionali all’esercizio d’impresa, quanto piuttosto le modalità con le quali tali pagamenti vengono eseguiti.

Di conseguenza, occorre chiedere in primo luogo, se il pagamento, per andare esente da revocatoria, debba essere contestuale alla fornitura.

La necessità di questo requisito (di cui per altro non vi è traccia nella formulazione della norma) risulterebbe invero contraddittoria con la premessa da cui normalmente si muove nella materia in esame, ossia con l’esigenza che l’adempimento segua con i tempi e le modalità che i contraenti avevano abitualmente utilizzato.

In particolare: la riforma e la revocabilità delle rimesse a copertura di esposizioni extrafido

Nel nuovo regime normativo, questione interessante da affrontare è la revocabilità delle rimesse a copertura di esposizioni extrafido: la limitazione della revocabilità di queste ultime nasce dall’esigibilità immediata del credito al rimborso delle esposizioni superiori ai limiti del fido. Nel nuovo sistema, una valutazione a posteriori viene ora espressamente prevista all’art. 67, comma 3, lettera b) che sancisce la predetta irrevocabilità, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca. Ciò che rileva ai fini della revocabilità delle rimesse non è la definitività della riduzione dell’esposizione del correntista, derivata dall’accredito delle rimesse, ma l’alterazione del ritmo abituale dei flussi finanziari legato alle esigenze di cassa del correntista.

In definitiva, il principio della revocabilità delle rimesse che abbiano ridotto l’esposizione debitoria del correntista in maniera consistente e durevole presuppone comunque che il conto corrente sia a rientro, ma che sostanzialmente o formalmente non possa considerarsi chiuso. In tal caso, non sembra possa esservi dubbio che qualsivoglia accredito, che riduce in maniera definitiva l’esposizione, ancorché non consistente, costituisca pagamento revocabile ai sensi dell’art. 67, comma 2, l.f.

Conclusioni

L’applicabilità della disciplina prevista dalla riforma del 2005 non può essere stabilita a priori, ma deve essere il frutto di un’attenta analisi, che tenga conto delle ragioni che hanno portato il legislatore ad introdurre l’esenzione dal pericolo di revocatoria per le operazioni di diminuzione del patrimonio sociale.

L’azione revocatoria è quindi uno strumento che il curatore deve utilizzare con parsimonia, al fine di non incorrere in possibili “delusioni” in sede processuale.

Fonte

R. Amatore, “Il regime normativo delle esenzioni nelle revocatorie”, articolo sulla rivista “Il fallimento e le altre procedure concorsuali”, mensile di giurisprudenza e dottrina, Ipsoa, novembre 2014.