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Jobs Act: la riforma del mercato e del lavoro e dell’ART18

La riforma

La riforma del lavoro realizzata dal Governo Renzi, il c.d. Jobs Act, passa al Senato con 166 sì: il provvedimento viene approvato senza modifiche in terza lettura alla Camera.

La nuova disciplina non avrà efficacia retroattiva, ossia varrà solamente per i contratti di lavoro futuri (per la precisione, quelli conclusi dal primo gennaio 2015).

La novità che ha acceso maggiormente il dibattito riguarda la previsione di un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti.

E’ doveroso sottolineare che i termini generali della riforma sono delineati dallo stesso atto, ma per avere disposizioni più puntuali bisognerà attendere i relativi decreti delegati la cui emanazione è compito del Governo, ai sensi dell’art. 1 comma 7 del Jobs Act: uno di questi decreti deve presentare necessariamente un testo organico semplificato sulle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro, in coerenza con la regolazione dell’UE e le convenzioni internazionali.

Il fine di tali decreti sarà quello di rafforzare le opportunità d’ingresso nel mondo del lavoro, di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto economico occupazionale e produttivo e di rendere più efficiente la stessa attività produttiva.

Licenziamento: reintegro o indennizzo?

Tra i criteri direttivi di queste deleghe si ravvisa l’individuazione, per le nuove assunzioni, di un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, in relazione all’anzianità di servizio, con le seguenti condizioni:

  • escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro (la riforma non aggiunge nulla di nuovo: sarà ancora valida ed efficace la Riforma Fornero, in base alla quale è possibile un indennizzo per licenziamento illegittimo);
  • prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio;
  • limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l’impugnazione del licenziamento;
  • predisponendo per i licenziamenti per motivo economico-organizzativo o per scarso rendimento oggettivo e per la generalità dei licenziamenti disciplinari il solo indennizzo economico (quantificato in modo proporzionale all’anzianità di servizio del lavoratore e all’entità sarà determinata dal decreto attuativo: in via di supposizione, il Governo opterà per un risarcimento pari a una mensilità e mezza ogni anno di servizio fino a un tetto di ventiquattro mesi, diversamente da quanto accadeva in passato, quando si potevano raggiungere le trentasei mensilità).

Il reintegro, dunque, permane come obbligo per il datore di lavoro, solo in caso di licenziamenti discriminatori e nulli (la definizione dei quali spetterà ancora una volta ai decreti delegati), mentre per il licenziamento disciplinare il reintegro riguarderà solo talune fattispecie tipiche.

Conclusioni

Come già precedentemente evidenziato, solo l’esame della concreta declinazione dei suesposti principi nell’ambito dei decreti delegati consentirà una piena comprensione dei contorni della nuova tipologia di contratto e delle sue differenze rispetto ai modelli contrattuali che essa andrà a sostituire (perché per il testo di delega si tratta di sostituzione e non di aggiunta).

Fermo restando che i decreti dovranno muoversi nel rispetto dei limiti della Legge Delega stessa, come previsto dall’art. 76 Costituzione, possono individuarsi dei punti fermi e ipotizzarsi delle linee guida:

  1. riduzione delle tipologie contrattuali esistenti e l’inserimento nel modello di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti di tutte le forme contrattuali di lavoro subordinato;
  2. generalizzata semplificazione dell’articolazione normativa dei modelli contrattuali.

La riforma, è giusto ribadirlo, riguarderà esclusivamente i contratti di lavoro stipulati dopo l’entrata in vigore dei relativi decreti delegati a partire dal primo gennaio 2015: in punto di tutele, si preannuncia una futura disparità, pur a parità di mansioni e inquadramento contrattuale, in forza della quale convivranno sui luoghi di lavoro lavoratori dipendenti a tempo indeterminato dotati di un impianto di garanzie differenziato in funzione della loro data di ingresso sul posto di lavoro (prima o dopo i decreti delegati).

 

 

Fonti

R. Pallotta. “Jobs Act: il contratto a tutele crescenti per i nuovi assunti”, articolo del 5 dicembre 2014, su www.ipsoa.it;

Passa la riforma del lavoro: articolo 18 e contratti a tutela crescente”, articolo su www.laleggepertutti.it;

Redazione online del Corriere della Sera, “Il Jobs Act passa al Senato con 166 sì. La riforma è legge, tramonta l’art. 18”, articolo su www.corriere.it.