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Quando le responsabilità ricadono sull’A.D.?

Per rispondere a questa domanda bisogna inevitabilmente parlare di prescrizione.

È nell’ambito della disciplina di questo istituto, infatti, che si rinvengono le maggiori differenze tra l’azione sociale di responsabilità (i.e. quella che può esercitare la Società) e quella spettante ai creditori sociali nei confronti dell’amministratore delegato, meglio noto come a.d.

In base al novellato art 2393, comma 4 c.c., in materia quindi di responsabilità contrattuale,   la prescrizione decorre dalla cessazione dalla carica dell’amministratore: si potrebbe quindi pensare che non sia rilevante il momento in cui emerge effettivamente il danno.

In realtà appare del tutto preferibile l’opposta lettura, secondo cui il termine prescrizionale decorre dal verificarsi del danno, anche se emerso successivamente alla cessazione dalla carica dell’amministratore, poiché la prescrizione può iniziare a decorrere solo dal momento in cui può essere esercitato effettivamente il diritto al risarcimento.

Con riferimento all’art 2394 c.c. (responsabilità verso i creditori sociali), in materia quindi di responsabilità extracontrattuale, in ottemperanza ai principi generali, il termine prescrizionale si fa decorrere solo dal momento in cui possa essere effettivamente fatto valere il diritto e pertanto dal momento in cui all’esterno sia resa palese la definitiva insufficienza patrimoniale per effetto della violazione dei doveri incombenti sugli amministratori .

Ma cosa significa palese insufficienza patrimoniale?

La Cassazione ribadisce che l’insufficienza patrimoniale debba essere “oggettivamente percepibile” e risultare da dati “certi, conoscibili e inequivocabilmente interpretabili” ed essa si distingue da quella di insolvenza (può aversi l’insolvenza per mancanza di liquidità e con un attivo maggiore del passivo, così come può aversi sbilancio patrimoniale negativo con società non insolvente).

La necessità che l’incapienza risulti in modo obiettivo, rende irrilevante, almeno quando ad agire è il curatore, ogni riferimento a fonti riservate alle quali eventualmente possa attingere taluno dei creditori (ad es. la Centrale dei Rischi o l’inizio di azioni esecutive intraprese da taluno).

Per contro, quando ad agire sono i singoli creditori, l’eventuale conoscenza di notizie riservate idonee a consentire la percezione dell’incapienza patrimoniale, deve essere tenuta in considerazione.

Ed ancorché tali informazioni non determinino una conoscenza oggettiva e diffusa dell’incapienza, perché basata su fonti riservate, il termine di prescrizione deve farsi risalire, per il creditore agente, al momento di conoscenza delle informazioni e non dal momento successivo in cui l’incapienza sia oggettivamente percepibile dalla massa indistinta dei creditori.

Pertanto potrebbe essere controproducente per il curatore subentrare nell’azione intrapresa dal creditore in possesso di informazioni riservate qualora possa essere utilmente eccepita la prescrizione retrodatando il momento di conoscenza della incapacità patrimoniale.

***

Nella misura in cui l’esercizio dell’azione di responsabilità ex art. 2394 dipende dalla prova della commissione da parte degli amministratori e sindaci di specifici comportamenti idonei a provocare l’incapienza patrimoniale, qualora gli amministratori abbiano dolosamente occultato l’esistenza degli atti che abbiano provocato l’insufficienza patrimoniale, troverà applicazione l’art 2941, n. 8, c.c., in base al quale la decorrenza della prescrizione viene ad essere sospesa tra il debitore che ha dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore finché il dolo non sia stato scoperto; l’onere della prova di dimostrare il doloso occultamento delle perdite che abbiano cagionato l’insufficienza patrimoniale grava, però, sul creditore sociale o sul curatore, come graverebbe su costoro l’onere di provare l’insufficienza patrimoniale si sia manifestata solo dopo la dichiarazione di fallimento.

il potere delle presunzioni

Risultando molto complicata la determinazione esatta del momento in cui si è manifestata oggettivamente l’insufficienza patrimoniale, la giurisprudenza opta costantemente per il ricorso alle presunzioni, riscontrando detto momento in quello della pubblicazione della sentenza di fallimento.

La differente natura dell’azione esercitata ex artt. 2393 o 2394 c.c., si riflette sulla distribuzione dell’onere della prova:

  • quando è esercitata l’azione contrattuale (ex. art. 2393 c.c), grava sulla società, sul creditore o sul curatore l’onere di dimostrare l’esistenza delle violazioni agli obblighi imposti dalla legge, dei danni ed in nesso di causalità tra le singole condotte degli amministratori ed il pregiudizio economico, gravando su amministratori e sindaci la dimostrazione della non imputabilità a sé dell’evento dannoso;
  • quando invece è esercitata l’azione extracontrattuale (ex. art. 2394 c.c.), grava su chi agisce, curatore compreso, anche l’onere di dimostrare la colpa o il dolo degli amministratori.

L’applicazione rigorosa di tali principi risulta significativamente mitigata dalla giurisprudenza tanto con riferimento alla prova del danno (il quale si può, in determinati casi, determinare presuntivamente, facendo riferimento alla differenza tra passivo e attivo fallimentare), quanto con riferimento alla prova del nesso di causalità tra il dissesto e le condotte di amministratori e sindaci.

L’azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori di società ex art. 2394 c.c., promossa dal curatore fallimentare ex art. 146 l.fall., è soggetta a prescrizione che decorre dal momento dell’oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti e non anche dall’effettiva conoscenza di tale situazione.

In ragione della onerosità della prova gravante sul curatore, sussiste una presunzione di coincidenza tra il “dies a quo” di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, spettando pertanto all’amministratore la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale.

In sostanza?

L’AD deve poter dimostrare che i creditori avrebbero potuto conoscere la situazione di insufficienza patrimoniale ben prima della dichiarazione di fallimento e nulla hanno fatto.

Non dite che non ve lo avevamo detto.

Avv. Giuseppe Bellini – Managing Partner

Studio dell’Avvocato Giuseppe Bellini

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