Rovina e difetti di beni immobili: il dato normativo
La fattispecie di rovina e difetti di cose immobili è disciplinata dall’art. 1669 del c.c., a norma del quale, quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate (per loro natura) a lunga durata, se si incorre, entro dieci anni dal compimento, nella rovina totale o parziale dell’opera stessa per vizio del suolo o per difetto della costruzione, ovvero si presenti evidente pericolo di rovina oppure emergano gravi difetti, l’appaltatore può essere ritenuto responsabile nei confronti del comittente e dei suoi aventi causa.
La denuncia di tali difetti e la conseguente azione giudiziale deve essere effettuata entro un anno dalla loro scoperta.
Tale prescrizione, secondo un principio generale, decorre dal giorno in cui tale diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.), ossia, nella fattispece in analisi, dal giorno della consegna dell’opera, dal momento che solo al termine dei lavori e a seguito dell’esecuzione del progetto sarà possibile constatare gli effetti della non corretta esecuzione della prestazione, da parte del direttore dei lavori o del progettista, come più volte sottolineato dalla Corte di Cassazione (in particolare, di recente, dalla Sezione II, il 18 giugno 2014, con sentenza n. 13882).
L’articolo citato mira a disciplinare le conseguenze dannose di quei difetti che incidono profondamente sugli elementi essenziali dell’opera e che influiscono sulla durata e sulla solidità della stessa, compromettendone la conservazione e configurano responsabilità extracontrattuale per l’appaltatore (in tal senso si è espressa la Corte di Cassazione Civile, Sezione II, con sentenza n. 4622, datata 29 marzo 2002).
Per di più, successivi interventi della Cassazione, come, ad esempio, la già citata sentenza n. 13882 del 18 giugno 2014, confermando tale orientamento, aggiungono che l’azione di responsabilità, avverso l’appaltatore o il progettista, può esperirisi a fronte di un difetto di costruzione, intendendo quest’ultimo come qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera, che non deve riguardare necessariamente parti essenziali della stessa (ben potendo interessare anche parti accessorie o secondarie che ne consentano l’uso duraturo)
I problemi riscontrati nella giurisprudenza
Tenendo presente che la denuncia di gravi difetti di costruzione può essere effettuata dal committente, dagli aventi causa o dagli acquirenti dell’immobile, come specificato dall’art. 1669 c.c., bisogna sottolineare che, a livello giurisprudenziale, è sorto un problema, in merito all’individuazione della data da cui far decorrere i termini di prescrizione, per poter effettuare la denuncia stessa.
In merito, rileva la sentenza n. 97, datata 25 gennaio 2006, emessa dal Tribunale di Novara il quale sostiene, inizialmente, che l’art. 1669 c.c. debba essere interpretato nel senso di di ritenere quale termine di prescrizione per la denuncia dei gravi vizi o del pericolo di rovina nella costruzione di un immobile la data della scoperta, al fine di intraprendere un’azione di responsabilità nei confronti dell’appaltatore.
Tale termine di decorrenza deve essere inteso come il momento in cui (e l’atto con cui) il committente “abbia conseguito un consistente grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera“.
Ciò, per bilanciare gli interessi dei committenti o degli acquirenti a valutare correttamente le proprie eventuali iniziative giudiziarie (evitando azioni generiche e a carattere esplorativo) con quello del costruttore a non essere citato in giudizio, quando il decorso del tempo abbia ingenerato nello stesso (e nella collettività) la legittima convinzione circa la buona esecuzione dell’opera, evitandogli di essere soggetto (in qualsiasi momento) alle rimostranze degli acquirenti.
A suffragio di tale orientamento, il Tribunale pone come riferimento due sentenze della Cassazione: la n. 567 del 13 gennaio 2005 e la n. 4622 del 25 marzo 2002.
Tali importanti pronunce sanciscono che l’esperimento dell’accertamento tecnico (c.d. procedimenti di istruzione preventiva) a norma degli artt. 696 e 699 c.p.c. e la conseguente conoscenza della relazione del consulente tecnico ivi nominato dal Giudice non corrisponde al termine indicato dalla Legge.
Una siffatta interpretazione, infatti, verrebbe a creare, surrettiziamente, un automatismo processuale e sostanziale che non solo non trova ragion d’essere nella norma codicistica, ma, addirittura, sposterebbe l’ago del ragionevole bilanciamento d’interessi a vantaggio dei committenti dell‘opera o degli acquirenti dell’immobile.
Questi, appunto, potrebbero aggirare comodamente i termini di decadenza e di prescrizione, platealmente maturati con la richiesta di un accertamento tecnico antecedentemente all’istaurazione del procedimento, protestando, in via successiva, di aver scoperto definitivamente i vizi solo al momento del deposito della relazione del consulente del tribunale.
La soluzione interpretativa viene fornita dallo stesso organo giudicante novarese che, in composizione monocratica, suggerisce di ritenere, solamente nei casi dubbi (nei quali si accerti, in concreto, che solo un’approfondita indagine tecnica officiosa ha potuto convincere gli aventi diritto della obiettiva gravità dei problemi percepiti e della loro diretta derivazione causale da un vizio del suolo o da un difetto di costruzione) è possibile fissare la scoperta, nel momento del deposito della relazione di consulenza.
Ciò, invece, non vale, laddove risulti, sempre in concreto, che quella conoscenza fosse già stata raggiunta con un apprezzabile grado di certezza tecnica, rappresentando questa già espressione di una raggiunta convinzione, quantomeno soggettiva, in merito all’esistenza del grave difetto o pericolo di rovina.
In conclusione
L’art. 1699 c.c., indicando come data da cui far decorrere il termine entro il quale denunciare i gravi vizi o il pericolo di rovina gravanti sull’immobile, fa riferimento al momento in cui, in concreto, sia raggiunta con un apprezzabile grado di certezza tecnica la conoscenza di questi, in quanto ciò già rappresenterebbe una raggiunta convinzione, almeno soggettiva, circa l’esistenza dei predetti difetti o del pericolo di rovina.
Soltanto in casi dubbi, nei quali sia concretamente rilevato che solo un’analisi tecnica approfondita e officiosa abbia potuto convincere gli aventi diritto dell’obiettiva gravità delle problematiche riscontrate e del loro collegamento causale con un vizio del suolo o un difetto di costruzione, sarà possibile fissare come momento della scoperta il deposito della relazione di consulenza.
Una buona ragione per prestare maggiore attenzione allo stato di salute delle nostre abitazioni.