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Danni alla società controllata: ma la holding quando paga?

La responsabilità per abuso dell’attività di direzione e coordinamento ai danni della società controllata.

 Il Tribunale di Milano, sez. impresa B, in data 20 dicembre 2013, nella controversia Fondiaria-Sai s.p.a. e altri contro G.M.L., J.L. e F.M., si trova a esaminare la fattispecie dei gruppi societari.

Nella trattazione della causa, si sofferma sull’introduzione dell’art. 2497 c.c (che riguarda la responsabilità a carico della società dirigente, per abuso dell’attività di direzione e coordinamento), affermando che tale norma, letta insieme ad altri articoli di portata più generale (in particolare, gli artt. 1218,1223 e 2043 c.c.), riconosca la legittimazione attiva della società eterodiretta (da altra impresa del gruppo) ad agire in giudizio contro l’ente o il soggetto dirigente del suo ruolo.

In un secondo momento, l’organo giudicante affronta anche il profilo relativo a chi debba essere ritenuto responsabile per tale abuso.

 Chi può esercitare l’attività di direzione e coordinamento?

L’attività di direzione e coordinamento, a norma dell’art. 2497 c.c. e ss., può essere esercitata congiuntamente da più soggetti.

Ciò è confermato dall’utilizzo, nel testo dell’articolo, del plurale e dal coinvolgimento, a livello di responsabilità, di tutti coloro al cui comportamento è riconducibile il fatto lesivo (o che da esso, comunque, vi abbiano tratto beneficio).

Tanto più che un’impostazione contraria renderebbe facile un’elusione della disciplina di legge.

Appare opportuno sottolineare che l’attività in analisi costituisce un’attività di fatto, giuridicamente rilevante e generativa di responsabilità che può essere rinvenuta in un potere di fatto: la legge, assumendo il controllo partecipativo come fondamento della presunzione dell’esercizio di tale attività (art. 2497 sexies c.c.), lo riconosce anche quale titolo di legittimo esercizio (facoltativo) di quel potere.

Natura dell’attività di direzione e coordinamento

L’attività svolta dal dirigente ha natura meramente gestoria: si distingue, così, dall’amministrazione di fatto della società controllata, poiché la società che opera la direzione e il coordinamento non pone in essere, in prima persona, atti di gestione dell’impresa eterodiretta, ma semplicemente influenza o determina le scelte degli amministratori di quest’ultima.

 Legittimazione attiva per la società eterodiretta danneggiata dall’abuso dell’attività di direzione da parte della capogruppo

Le ragioni a sostegno della legittimazione attiva prevista per le società eterodirette dalla capogruppo sono diverse.

La prima motivazione è di ordine storico: l’art. 90 D.Lgs. n. 270/1999 (inerente alla nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza), rubricato “Responsabilità nei casi di direzione unitaria”, prevedeva che, nelle situazioni di direzione unitaria delle imprese del gruppo, gli amministratori della società che hanno abusato di tale direzione rispondono in solido con gli amministratori della società dichiarata insolvente dei danni da questi cagionati alla società, per le direttive impartite.

Pacifica, dunque, la legittimazione attiva della società eterodiretta ad agire contro chi la dirige, per abuso della c.d. “direzione unitaria” (ossia di quell’attività volta a coordinare e indirizzare la politica economica e le linee essenziali dell’attività delle società collegate).

Tanto premesso, è, altresì, chiaro che la ragione in forza della quale è stato introdotto l’art. 2497, comma 1 c.c. consista nel concedere tutela ai soci e ai creditori della società eterodiretta nei confronti dell’ente dirigente, per la svalorizzazione o l’insufficienza della garanzia patrimoniale generica causate dall’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento.

Poiché, tuttavia, quell’attività determina danno diretto al patrimonio della società controllata, ma indiretto per quello dei soci o dei creditori, la tecnica di tutela fornita dal legislatore è consistita nell’istituire una responsabilità diretta dell’ente controllante nei confronti dei soggetti indirettamente danneggiati. Questi, infatti, non potrebbero agire a tale titolo verso l’ente dirigente, in base agli artt. 1218 e 1223 c.c. o 2043 c.c.

La nuova norma, in deroga al principio di risarcibilità del solo danno diretto, ha istituito la nuova fattispecie di responsabilità, proprio per rendere effettiva l’affermazione della responsabilità per abusivo esercizio dell’attività di direzione e coordinamento, destinata a rimanere solo sulla carta, se affidata solamente all’iniziativa della eterodiretta.

Pare, quindi, plausibile ritenere che la nuova norma, per un verso, voglia ampliare l’area di responsabilità dell’ente dirigente anche verso soggetti e rispetto a posizioni giuridiche che prima non potevano attingerla, in quanto rilevanti; per altro verso, essa non può interpretarsi nel senso di limitare o escludere la legittimazione attiva di soggetti (come la società controllata) cui quella legittimazione era in precedenza concessa.

Il secondo motivo che consente di attribuire legittimazione attiva alla società eterodiretta risiede nella pacifica perdurante vigenza di norme generali che, prima della riforma, già la riconoscevano e i cui effetti (in quanto già esistenti) non possono essere in alcun modo esclusi. Si tratta degli articoli 1218, 1223 e 2043 c.c.

Ciò posto, non v’è dubbio che la capogruppo, esercitando direzione e coordinamento illegittimo, produca danni al patrimonio della società controllata; essendo, dirigente ed eterodiretta, soggetti distinti, alla controllante potrà essere addossata una responsabilità risarcitoria.

Già in passato, la giurisprudenza ante riforma aveva riconosciuto la legittimazione attiva della eterodiretta sia sulla base di norme settoriali allora esistenti sia richiamando principi generali.

Ribadendo che, in materia, le disposizioni vigenti non possono essere escluse dal nuovo articolo, in quanto ampliativo della responsabilità della capogruppo, non sussistono motivi per eliminare la legittimazione attiva della società controllata.

L’art. 2497, co. 3 c.c. prevede, inoltre, la possibilità per cui la stessa società eterogestita, nel risarcire i suoi soci e i creditori del danno che indirettamente hanno subito per l’attività della società dirigente, sia legittimata a rivolgersi all’ente che la dirige, per ottenere il risarcimento del danno che, altrimenti, subirebbe addirittura due volte.

Tutela processuale dei diritti dei soci e dei creditori danneggiati dal comportamento della società dirigente

La legittimazione attiva testé in analisi viene conferita tanto alla società diretta, quanto ai suoi soci o ai creditori, in quanto fra questi tre soggetti esiste un problema di concorso dei diritti al risarcimento per danno diretto e indiretto che può trovare soluzione processuale con gli istituti della riunione, della sospensione, dell’assorbimento, dell’inammissibilità dei processi concernenti i medesimi fatti (con prevalenza di quello che ha ad oggetto il risarcimento del danno diretto).

La società dirigente ha legittimità passiva

Richiamando i principi generali, ossia gli articoli 1218, 1223 e 2043 c.c.(che riguardano, rispettivamente, la responsabilità del debitore e il risarcimento del danno), è configurabile la diretta responsabilità delle persone fisiche che esercitano attività di direzione e coordinamento verso la società eterodiretta per i danni provocati al suo patrimonio dall’illegittimo esercizio di tale attività, qualora essa sia svolta professionalmente, stabilmente e con adeguato impiego di mezzi, giacché l’efficacia escludente della disciplina codicistica, che contempla la sola legittimazione passiva di società ed enti, deve essere ritenuta limitata al perimetro operativo del medesimo art. 2497, co. 1 c.c., ossia all’ipotesi della responsabilità diretta verso i soci e i creditori della controllata.

In conclusione

Il Tribunale di Milano, esprimendosi in relazione alla fattispecie di direzione e coordinamento all’interno di un gruppo societario sottolinea come:

– la direzione e il coordinamento, come si può intuire dall’utilizzo del plurale nel testo dell’articolo 2497 c.c. e dalla pluralità di soggetti coinvolti nel fatto lesivo (anche solo per averne tratto dei vantaggi), sono generalmente posti in essere da più soggetti che non esprimono direttamente le scelte della società che eterodirigono, ma influenzano le decisioni prese dagli amministratori di questa.

– l’abuso di tale attività fa sorgere un danno per la società eterodiretta, a causa della condotta dell’impresa dirigente;

– il danno diretto, quindi l’unico risarcibile per il solo fatto di esistere, è quello subito dall’ente in sé;

– legittimata attiva in giudizio è la controllata, mentre legittimata passiva è la società che dirige.

– il legislatore, considerando che anche i soci e i creditori della persona giuridica danneggiata hanno diritto ad essere, in qualche modo, tutelati, risolve il problema di concorso di diritti al risarcimento, attraverso istituti processuali (come ad es. la riunione dei processi).

Maggiore severità, dunque, nei confronti degli amministratori e delle holding che usano le società controllate a proprio uso e consumo: la tutela del socio di minoranza, sul punto, non è più solo una chimera.