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Intestazione fiduciaria quote SRL

Intestazione fiduciaria di quote SRL e loro trasferimento

La sentenza in commento

La recente sentenza della Corte di Cassazione Civile, Sez, I, del 7 marzo 2014, n. 5407, offre lo spunto per un’analisi in merito alla forma e alla causa dei negozi aventi ad oggetto il trasferimento di quote di S.r.l., nonché in merito alla circolazione e titolarità di quelle quote intestate a società fiduciarie.

La forma dei negozi aventi ad oggetto il trasferimento di quote di S.r.l.

La Corte anzitutto conferma il tradizionale principio della libertà di forme dei negozi aventi ad oggetto il trasferimento di quote di S.r.l.., il quale affonda le sue radici nell’originario testo dell’art 2479 del codice civile del 1942, il quale non conteneva alcuna prescrizione formale come condizione per la validità del trasferimento.

In un momento successivo, con la c.d. “legge Mancino” del 1993, viene per la prima volta ad essere sancito nel quarto comma dell’art 2479 c.c. un requisito di forma relativamente agli atti di trasferimento di quote di S.r.l.; in particolare, il nuovo comma quarto del suddetto articolo stabiliva che l’atto di trasferimento “con sottoscrizione autenticata”, dovesse essere depositato per la relativa iscrizione nel registro delle imprese ad opera del notaio autenticante.

Solo in seguito a questo deposito era possibile procedere all’iscrizione nel libro dei soci e rendere così efficace il trasferimento “di fronte alla società”.

Tale requisito di forma era previsto unicamente per rendere il trasferimento efficace nei confronti della società, mentre era opinione pressoché pacifica che il trasferimento doveva ritenersi valido ed efficacia inter partes con la semplice manifestazione del consenso, in qualsiasi forma espresso.

La validità di tali principi sarà confermata a seguito della riforma del 2003, nonché a seguito della modifica dell’art 2470 cod. civ. introdotta nel 2008, con la quale il legislatore si limita a cancellare dal testo dell’articolo ogni riferimento all’iscrizione del trasferimento, essendo sufficiente, affinché  lo stesso produca effetti nei confronti della società, il deposito nel registro delle imprese.

La disciplina ha subito un’ulteriore modifica nel 2008, quando con il D.L. 25 giugno, n. 112, il legislatore, tenendo conto dello sviluppo tecnologico odierno, ha previsto all’art 36 comma 1 bis, che “l’atto di trasferimento possa essere sottoscritto con firma digitale”, la quale avendo medesima efficacia dell’autentica notarile, risulta essere richiesta non per la validità dell’atto ad substantiam, bensì per l’efficacia dello stesso nei confronti della società.

La “causa” nei negozi aventi ad oggetto il trasferimento di quote di S.r.l.

La posizione della Corte (sentenza Cassazione Civile, Sez. I, del 7 marzo 2014, n. 5407)   è molto chiara: partendo dal caso concreto, anche qualora ci si trovi nella situazione “tipo” di atti privi dell’autentica notarile e quindi, non iscrivibili nel registro delle imprese e nel libro dei soci, gli stessi non devono ritenersi ex se privi di causa e incapaci a realizzare la loro funzione economico-individuale finalizzata a far conseguire l’esercizio dei diritti connessi alle partecipazioni oggetto di cessione.

Infatti, come sottolineato da autorevole dottrina[1], anche una cessione di quote di S.r.l. realizzata nella forma della scrittura privata non autenticata potrebbe essere resa efficace nei confronti della società, semplicemente ricorrendo ad un meccanismo differente (rispetto a quello non utilizzabile nel caso de quo,  dell’ iscrizione nel registro delle imprese e, precedentemente, del libro dei soci ex art. 2470): la parte interessata potrebbe, infatti, instaurare un giudizio ordinario finalizzato ad ottenere l’accertamento giudiziale dell’autenticità delle sottoscrizioni ex artt. 215 ss. c.p.c., in applicazione analogica dell’art. 2657 cod. civ., con l’effetto di ottenere la parificazione della sottoscrizione accertata in sede giudiziaria a quella autenticata dal notaio.

La circolazione e la titolarità delle quote di S.r.l. intestate a società fiduciarie

Sempre secondo quanto precisato dalla Corte, l’operazione mediante la quale una quota di S.r.l.  intestata fiduciariamente viene ceduta dal fiduciante a terzi, lasciando invariata l’intestazione formale della stessa in capo alla società fiduciaria medesima, non può considerarsi di per sé nulla per frode alla legge o per frode ai creditori o ai terzi, infatti:

1) non risulta nessuna norma imperativa di legge ad imporre che la titolarità effettiva delle quote di S.r.l. risulti dal registro delle imprese;

2) è del tutto lecito nel nostro ordinamento che l’attività negoziale che arrechi un pregiudizio a terzi o a creditori sia sanzionata con rimedi alternativi alla nullità (quali, ad esempio, l’azione revocatoria ordinaria e fallimentare).

La sentenza sopra menzionata offre l’occasione per svolgere alcune importanti considerazioni, in tema di negozio fiduciario, con particolare riguardo alla natura “romanistica” o “germanistica” del’intestazione di azioni o quote a società fiduciarie, e cioè quello dell’individuazione del soggetto – fiduciante o fiduciario – qualificabile come “titolare” delle partecipazioni intestate fiduciariamente.

Secondo il modello “germanistico” di fiducia, il reale proprietario delle partecipazioni resta il fiduciante e il negozio fiduciario ha il solo effetto di attribuire al fiduciario la legittimazione all’esercizio di diritti e poteri derivanti dalla titolarità dei beni intestati fiduciariamente.

In tale modello di patto fiduciario, dunque, il fiduciante è in grado di disporre direttamente delle partecipazioni intestate fiduciariamente senza necessità di alcun formale ritrasferimento da parte delle società fiduciaria.

Secondo l’alternativo modello “romanistico”, la piena proprietà dei beni viene trasferita al fiduciario.

Questi sottoscrive contestualmente un patto avente efficacia meramente interna alle parti,  obbligandosi:

  • ad amministrare i beni stessi ed attenendosi alle istruzioni del fiduciante,
  • oltre a ritrasferirli a quest’ultimo a sua richiesta.

Per quanto riguarda l’intestazione fiduciaria di partecipazioni societarie, è diffusa in giurisprudenza la riconduzione dell’istituto al modello “romanistico”.

Tuttavia, secondo diverse pronunce di legittimità e di merito, tale ricostruzione del modello fiduciario non potrebbe essere sempre adottata.

Un esempio su tutti?

quando l’intestazione di azioni o quote venga effettuata a favore di società fiduciarie.

Le norme riguardanti ’attività delle società che svolgono il servizio di “amministrazione di beni per conto di terzi”  sono chiare.

Indicano espressamente il fiduciante quale proprietario delle partecipazioni, accedendo al modello “germanistico” della fiducia.

Detto orientamento non è però seguito in modo unanime dalla giurisprudenza.

Non sono mancate infatti pronunce che hanno ricostruito in termini “romanistici” l’intestazione di azioni o quote a società fiduciarie.

Tuttavia nessuna ha argomenti tali da superare l’opposto orientamento favorevole all’adozione del modello “germanistico”.

Conclusioni

Sarebbe certamente auspicabile che il contrasto interpretativo sorto in giurisprudenza fosse superato da un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite.

Una situazione di incertezza in merito all’effettiva titolarità di beni non è infatti certamente tollerabile in questo settore.

L’ “amministrazione dei beni a favore di terzi” è oggi assolutamente centrale nella gestione della ricchezza mobiliare.

Avv. Giuseppe Bellini

[1] G. Zanarone, Delle società a responsabilità limitata, tomo I, in Il Codice Civile. Commentario, fondato da Schlensinger e diretto da Busnelli, 2010, 613-614;

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[…] [1] G. Zanarone, Delle società a responsabilità limitata, tomo I, in Il Codice Civile. Commentario, fondato da Schlensinger e diretto da Busnelli, 2010, 613-614; […]

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