Scroll Top

Gli amministratori della società e la possibilità di conferire delega: facoltà illimitata?

Amministratori della società: inquadramento della fattispecie

L’istituto della procura alla conclusione di negozi giuridici è abbastanza noto.

L’attribuzione da parte di un soggetto ad altri del potere di rappresentarla è differenziabile in:

  • procura legale (quando prevista dalla legge) e volontaria (allorché vi sia alla base un vero e proprio contratto), nonché in
  • generale (per tutte le attività che fanno capo a chi viene rappresentato) e speciale (qualora, invece, riguardi solo alcune attività).

La  forma della procura generalmente è libera, salvo non sia diversamente previsto dalla Legge.

Dipenderà dal tipo di atto a cui sarà collegata ed in tal caso, dovrà avere la forma prevista per quest’ultimo.

Semplificando, essa può avvenire mediante atto pubblico (di un notaio) o atto privato autenticato (da un notaio o da un legale).

La delega degli amministratori

Particolare attenzione è stata rivolta alla situazione in cui a concedere procura siano gli amministratori della società.

Gli interessi in gioco sono importanti, vista l’importanza che riveste la delega nell’organizzazione aziendale.

L’orientamento più diffuso è quello di verificare, caso per caso, che il rappresentato, conferendo in procura veri e propri poteri di gestione, non si spinga ad affidare completamente a terzi la direzione dell’attività sociale o sino a spogliarsi delle sue funzioni di indirizzo e di fissazione delle strategie.

Giurisprudenza e la dottrina prevalenti ritengono non sia ammissibile che gli amministratori deferiscano a terzi la completa direzione dell’attività sociale.

E’, quindi, da ritenersi illecito un generale (e generico) mandato (accompagnato da procura generale) ad amministrare.

Lo stesso deve dirsi per quanto concerne la possibilità che lo statuto o che una decisione dei soci consenta di nominare un procuratore generale che, di fatto, sostituisca l’organo amministrativo nella gestione e nella rappresentanza della società.

Si vuole evitare che, attraverso la delega di atti o di categorie di atti a terzi, vi sia dissociazione permanente fra titolarità del potere e suo esercizio.

Le aperture della Dottrina…

La Dottrina ha criticato l’eccessiva astrattezza del dualismo procura generale (illegittima) e procura speciale (lecita).

Ha quindi ammesso la possibilità per gli amministratori di una società di capitali di conferire a terzi procure generali, purché i primi si riservino il potere di revoca.

Questo per non abdicare alle funzioni di gestione e non sottrarsi al dovere di vigilare sull’operato del procuratore.

La revoca risulterebbe efficace strumento di autotutela dell’amministratore mandante.

Infatti questo avrebbe modo di evitare che un’attività non proficua o dannosa per la società si protragga inutilmente.

La concessione di procura generale non implica automaticamente  l’abbandono da parte del consiglio della funzione di indirizzo.

…ed il dissenso della Giurisprudenza

Queste aperture non trovano il conforto della giurisprudenza, nè da più generali principi di diritto societario.

In particolare, con quelli che ineriscono alle società di persone amministrate da società di capitali che devono designare le persone fisiche concretamente preposte alla gestione delle prime.

Il conferimento di una tale procura potrebbe determinare un’ampia traslazione di poteri gestori, limitando la formazione di volontà della società e ponendosi in contrasto con la riserva agli amministratori della gestione dell’impresa sociale.

Per tale ragione, la questione della procura generale (alla conclusione di negozi giuridici) viene a tradursi in un problema di delega di facoltà di gestione a terzi.

Merita menzione la procura conferita dagli amministratori a dipendenti della società stessa.

Anche per questi soggetti, seppur molto ampia, la delega non può arrivare a ricomprendere la definizione della politica sociale.

Non è un caso,che anche la delega di funzioni, quando intesa e utilizzata quale sinonimo di procura, sia caratterizzata dal fatto che la responsabilità penale per le funzioni delegate rimanga in capo al delegante, salvo sussistano i seguenti presupposti per la responsabilità in capo al delegato:

1) prova certa della delega (quando corrisponde a norme interne o statutarie che disciplinano il conferimento o l’accettazione),

2) l’effettività della delega (deve rispondere a concrete esigenze e devono verificarsi circostanze che ne comprovino l’efficacia, come, ad esempio, l’idoneità tecnico-funzionale del delegato e la sua autonomia decisionale).

Il pensiero della Giurisprudenza

Come anticipato la giurisprudenza si è espressa sull’argomento.

Il Tribunale di Milano, nel gennaio 2006,  ha affermato che il conferimento di una procura amplissima per il suo contenuto e la sua estensione può essere idoneo ad attribuire i poteri di rappresentanza e le funzioni gestorie tipiche del mandato ad amministrare.

Il fatto che una procura molto ampia (quindi generale) possa trascinare sostanzialmente con sé anche poteri di gestione sembra contrastare la disciplina del divieto di immistione nella società in accomandita semplice.

Per mantenere fermo il principio di estraneità dell’accomandante rispetto all’amministrazione sociale, l’art. 2320 c.c. consente, infatti, che a questi siano conferite solo procure per singoli affari.

Si è, quindi, ritenuto in violazione del divieto di gestione per gli accomandanti il rilascio in loro favore di una procura che, pur definita speciale, avesse, in realtà, il contenuto di una procura generale o, comunque, attribuisse all’accomandante poteri decisionali autonomi, che non siano quelli insiti in ogni procura, poiché il procuratore non è mai semplice soggetto che riferisce per conto di altri una dichiarazione (concordemente con l’orientamento della Cassazione del dicembre 1984, espresso nella sentenza n. 6429).

In merito e nella stessa direzione di pensiero si sono pronunciati il Tribunale di Genova, nel maggio del 1995, e la Cassazione, nel marzo del 1998, con sentenza n. 2854.

Conclusioni

Gli amministratori di una società di capitali o di persone (in particolar modo quella in accomandita semplice) non possono conferire procura generale a terzi, delegando a questi ultimi poteri gestori e creando, così, una netta separazione tra titolarità del potere di gestione ed esercizio dello stesso.

Il fine è quello di non delegare ad altri, diversi dagli amministratori a ciò nominati, la definizione degli obiettivi globali dell’impresa.

Sebbene sia questa la tesi prevalente, è comunque utile sottolineare che ci sono apertura da parte di una dottrina minoritaria.

Questa ritiene che agli amministratori sociali vada comunque concessa la possibilità di far svolgere ad altri soggetti, siano essi dipendenti della società medesima o esterni ad essa, l’attività di gestione e indirizzo, purché gli amministratori stessi mantengano potere di revoca, al fine di evitare la prosecuzione di operazioni deleterie per l’impresa tutta.

Se avete dei dubbi o necessità di approfondimento, non esitate a contattarci per avvalervi dei nostri servizi di consulenza societaria!

Avv. Giuseppe Bellini

 

 

 

Fonti

La procura generale conferita a terzi dagli amministratori di società di capitali: condizioni e limiti di ammissibilità”, D. Latella, in De Jure;

Cassazione, dicembre 1984, sentenza n. 6429.

Tribunale di Genova, sentenza maggio 1995.

Cassazione, marzo 1998, sentenza n. 2854.

Tribunale di Milano, sentenza gennaio 2006.

Articolo 2320 codice civile.