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Usura e Anatocismo bancario: quale tutela dall’Arbitro Bancario Finanziario?

Usura e Anatocismo bancario: tutela giudiziaria e arbitrale

Come è noto, la gestione della mole di cause di anatocismo bancario e usura risente ancora delle complesse e tormentate questioni relative alla legittimità delle clausole contrattuali di capitalizzazione degli interessi debitori e alla decorrenza del termine di prescrizione dell’azione di ripetizione dell’indebito che hanno reso necessario l’intervento della Corte costituzionale e della Cassazione a Sezioni Unite.

Problematico è l’ambito di applicabilità dell’art. 1815 comma 2, in materia di usura (disciplinata solo in relazione al contratto di mutuo).

Al contempo, criticità sono poste anche dalla nozione di interesse usuraio in ambito civilistico, non fornendo il codice civile una definizione di usura.

Certo è il fatto che la Cassazione ha stabilito che:

  1. per la restituzione degli interessi calcolati in misura superiore a quella legale, la prescrizione si calcola dalla fine del rapporto contrattuale;
  2. la restituzione degli interessi, dovuta, riguarda l’integralità degli stessi (come affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 24418 del 2 dicembre 2010 a Sezioni Unite).

Ciò premesso, come ci si può difendere dai fenomeni di anatocismo bancario e usura?

Le strade sono due, quella giudiziaria innanzi al Tribunale ordinario e quella dell’arbitrato.

Se una non porta a un risultato soddisfacente, può essere attivata l’altra.

È doveroso sottolineare che la funzione dell’Arbitro Bancario Finanziario (di seguito ABF) è:

  • di deflazionare il processo civile,
  • di essere più economico di quest’ultimo e
  • di porre rimedio alla sua lentezza: l’arbitrato tende a risolvere le controversie, sorte sia in costanza di trattative precontrattuali sia di un contratto (bancario, finanziario, assicurativo, previdenziale, dei servizi di pagamento) tra un intermediario e un cliente [1].

La controversia di competenza dell’ABF corrisponde ad una contestazione relativa a operazioni e servizi bancari o finanziari (ai sensi del titolo VI del TUB o dell’art. 23, comma 4 del TUF).

Sono tuttavia esclusi dalla competenza dell’ABF:

  • le controversie attinenti ai servizi e alle attività di investimento;
  • le richieste di risarcimento dei danni che non siano conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento o della violazione dell’intermediario le questioni relative a beni materiali o a servizi diversi da quelli bancari e finanziari oggetto del contratto tra il cliente e l’intermediario ovvero contratti ad esso collegati;
  • i ricorsi inerenti a controversie già sottoposte all’autorità giudiziaria, rimesse a decisione arbitrale ovvero per le quali sia pendente un tentativo di conciliazione ai sensi di norme di legge (il ricorso è tuttavia possibile in caso di fallimento di procedura conciliativa);
  • le controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2007.

L’ABF inizia con la proposizione di reclamo scritto da parte del cliente (ben identificatosi tramite lettera, fax o mail), in cui questi contesta un comportamento attivo od omissivo dell’intermediario.

Solo se il reclamo non ha esito soddisfacente o non ha un esito entro 30 giorni dalla proposizione, si potrà agire tramite ricorso [2].

Legittimati attivi sono:

  • i clienti (anche nella persona del rappresentante legale, se si tratta di persona giuridica) o
  • le associazioni di categoria a cui questi siano iscritti;
  • gli Avvocati muniti di apposita procura.

In sintesi

Qualora il cliente intenda contestare un comportamento attivo od omissivo dell’intermediario, in alternativa all’Autorità giudiziaria ordinaria ha la possibilità di adire un Arbitro Bancario o Finanziario, debitamente assistito da un Legale: l’arbitrato garantirà al cliente semplicità, rapidità, efficacia e risparmio (si dovranno pagare solamente € 20 per le spese del procedimento, oltre a quelle dovute per l’intervento del Legale).

Riteniamo che valga la pena valutare questa possibilità.

Avv. Giuseppe Bellini

 

Fonti

A. de Simone, “La gestione delle cause di anatocismo e usura: ripartizione dell’onere della prova, ammissibilità degli ordini di esibizione, prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito e impostazione della C.T.U.”, su www.dirittobancario.it;

E. Minevrini, “L’arbitro bancario finanziario”, Edizioni Scientifiche Italiane, 2014;

Corte di Cassazione, sentenza n. 24418 del 2 dicembre 2010.

 

[1] Per cliente s’intende un soggetto che sia entrato in contatto con un intermediario finanziario (es. banca).

A patto che non sia un professionista nello svolgimento della sua attività d’impresa o professionale.

Può essere indifferentemente persona fisica o giuridica.

Può anche non avere un rapporto contrattuale con il professionista, ma lamenta una violazione dell’art. 1337 c.c. (recesso dell’intermediario nelle trattative senza ragionevole giustificazione).

[2] Il ricorso sarà proponibile, solo se ci sarà identità nell’oggetto delle istanze o degli interessi vantati dal cliente.

Laddove fosse così, sarà possibile chiedere risarcimento del danno in sede di ricorso, pur non essendone stata fatta domanda durante il reclamo.